Una delle sfide etiche ed economiche più importanti, dal cui esito dipenderà la qualità del futuro che ci attende come specie, è quella di allinearsi ai dettami di un modello di produzione e consumo il più possibile circolare. Un sistema, dunque, dove gli scarti sono reintrodotti nei cicli produttivi, acquistando nuovamente valore e senza generare pericolosi (e anche dispendiosi) sprechi.
I principali protagonisti di questo tema sono, naturalmente, i materiali, elementi-chiave per determinare la sostenibilità di un prodotto. Dal 2020 Materially, azienda partner della statunitense Material ConneXion, che detiene l’omonimo database di materiali innovativi, si occupa di diffondere conoscenza e consapevolezza sul ruolo dei prodotti nella transizione ecologica e a facilitare l’adozione di logiche di eco-design da parte delle imprese.
In che modo, lo spiega a YouTrade Anna Pellizzari, executive director di Materially.
Domanda. Di che cosa si occupa Materially?
Risposta. È una società che aiuta le imprese nello sviluppo e nella diffusione dell’innovazione e della sostenibilità a partire dai materiali. Operiamo con un approccio design-oriented e un’attenzione ai temi della circular economy e dell’innovazione intelligente grazie alla ricerca quotidiana e al dialogo costante con i diversi player nel mondo dei materiali, dalle università, ai centri di ricerca, alle start-up.
D. Chi sono i vostri referenti principali?
R. Le nostre relazioni principali sono con le imprese che propongono o richiedono soluzioni da applicare nei propri processi produttivi e si estendono da chi si occupa di ricerca e sviluppo di prodotti o materiali, al marketing, ovvero chi deve raccontare i materiali e promuoverli presso i potenziali utilizzatori, fino al corporate social responsibility, ovvero responsabilità sociale d’impresa per gli aspetti più legati alla sostenibilità. Inoltre, dialoghiamo con architetti, designer, sviluppatori di tecnologie, sia in Italia sia all’estero, e collaboriamo con partenariati internazionali nell’ambito di progetti europei.
D. L’economia circolare è uno dei 17 obiettivi di Sviluppo sostenibile promossi dalle Nazioni Unite a partire dal 2015. Il numero 12, infatti, recita: Garantire modelli sostenibili di produzione e consumo. Quali sono le nuove prospettive e a che punto siamo nel raggiungimento di questo target?
R. Si parla di cambio del paradigma produttivo fin dalla fine degli anni Sessanta, con il rapporto del Club di Roma intitolato I limiti dello sviluppo. Si è partiti negli anni Settanta Ottanta con l’introduzione del riciclo, per poi passare a un concetto di riduzione (di consumi, materiali) alla fonte, quindi con logiche di eco-design. La Ellen MacArthur Foundation ha poi preso il testimone di questo percorso, promuovendo per prima il concetto di Circular Economy su larga scala. Oggi si è passati, per fortuna, a un approccio molto più sistemico, in cui finalmente si affrontano le questioni in modo concreto, dai temi energetici, all’uso dei materiali, alla rigenerazione dei territori. Siamo appena all’inizio di questa transizione, che ha prospettive temporali piuttosto lunghe, ma io sono ottimista. Non c’è un target vero e proprio da raggiungere, ma piuttosto un percorso diverso da intraprendere, che non si interromperà mai.
D. La crisi delle materie prime è un problema grave per molti settori produttivi e, a cascata, per tutte le filiere coinvolte. A vostro avviso, questo fatto darà un ulteriore impulso alla ricerca e all’uso di materiali alternativi? Si è già manifestato questo trend?
R. È possibile. Per esempio, alcuni materiali che potremmo definire alternativi, come alcune materie plastiche ricavate dal riciclo dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (i cosiddetti Raee), presentano oggi una maggiore sicurezza in termini di approvvigionamenti rispetto ad altre di origine petrolchimica perché prodotte a partire da materie prime locali come, appunto, l’elettronica dismessa. Sicuramente ci siamo resi conto che l’equilibrio che regola la logistica nel mercato globale è più fragile di quello che pensavamo: anche il caso dell’incidente con la portacontainer bloccata nel canale di Suez ne è stato un esempio.
D. Come si articola la relazione tra ricerca di materiali alternativi e sostenibilità? Sono due fattori che vanno sempre in parallelo?
R. Se per alternativi si intende innovativi, possiamo dire che al momento tutti gli sforzi legati all’innovazione nei beni di consumo sono rivolti a soluzioni che abbiano un minor impatto ambientale, da diversi punti di vista: da materiali che siano per loro intrinseca natura più sostenibili, a materiali che contribuiscano alla riduzione delle emissioni, come tutte le soluzioni per l’efficientamento energetico, o per la produzione e distribuzione di energie rinnovabili. Quindi, materiali isolanti, leggeri, resistenti, conduttivi, eccetera. Non necessariamente buoni per loro composizione, ma che, potremmo dire, si comportano bene e danno il loro contributo. C’è, poi, tutto il mondo dell’innovazione estrema, e mi riferisco qui nello specifico all’aerospace, soprattutto quello leisure. Molti si interrogano su quanto sia sensato, in questo particolare periodo storico caratterizzato dalla riduzione delle emissioni a tutti i costi, mandare nello spazio un razzo che in un solo lancio consuma più di mille aerei messi assieme. Però bisogna dire che l’innovazione aerospaziale è in grado di avere ricadute interessantissime in termini di tecnologie che sono, per natura stessa del settore, votate all’efficienza e al risparmio: di peso, energia, volume.
D. Potete citare alcuni esempi di materiali alternativi e sostenibili, relativi al mondo delle costruzioni, che appartengono al vostro network?
R. Il mondo dell’edilizia sostenibile è caratterizzato da approcci molto diversi e tutti interessanti. A partire dalla bioarchitettura, in cui i materiali naturali sono al centro, non solo per il loro impatto ridotto (sono spesso da fonte rinnovabile, prodotti con processi a basso consumo o con tecniche tradizionali) ma anche per la loro capacità di intervenire positivamente sul benessere della persona che vivrà negli spazi così costruiti. Quindi, basso-emissivi, con colori e tattilità gradevoli, a volte anche profumati. In quest’ambito citerei una serie di intonaci naturali che incorporano lolla e pula di riso, uno scarto agricolo tipico di Biellese e Vercellese. Oppure pannelli fonoassorbenti e pavimentazioni ottenuti dal micelio, la parte vegetativa del fungo che cresce senza consumo di energia. O, ancora, materiali isolanti in erba e lana, fino a superfici decorative che incorporano fiori delle alpi austriache.
D. Se esistono, quali sono i limiti nell’utilizzo di materiali alternativi?
R. Il limite più grosso è il costo: si tratta di materiali solitamente molti più costosi perché ancora relativamente di nicchia. Però ciò sta cambiando e dipende molto dai quantitativi e dai processi in gioco. C’è anche un tema di affidabilità: in alcuni settori, e l’edilizia è tra questi, c’è giustamente una certa cautela nell’utilizzare soluzioni nuove e poco testate. Gli edifici devono durare almeno 30 anni e il rischio di dover intervenire con manutenzioni costose perché il materiale, per quanto innovativo, non si è dimostrato all’altezza, può scoraggiarne l’adozione.
D. Quanto è importante stabilire una rete di networking tra i produttori di materiali e gli utilizzatori, ma anche tra i produttori stessi?
R. Moltissimo. Le reti tra produttori sono spesso rappresentate dalle Associazioni di categoria, che talvolta comprendono anche un pezzo della filiera dei materiali (per esempio, nella ceramica, o nel distretto della calza, giusto per citare due settori completamente diversi). Già più difficile è creare connessioni sistematiche tra produttori di materiali, soprattutto quelli molto nuovi, o le startup, e i potenziali utilizzatori. Noi esistiamo proprio per facilitare queste relazioni.
Un corso per diventare sostenibili
Quali sono le possibili strategie per il cambio di paradigma produttivo tracciato dall’economia circolare? E quali le opportunità offerte ai progettisti in termini di innovazione materiale? E, ancora, come orientarsi e muoversi in modo efficace, senza cadere nel green washing? Sono solo alcune delle domande a cui le imprese produttrici sono chiamate a dare risposte tangibili.
Per venire incontro a questa esigenza, Materially offre un percorso di formazione online in quattro moduli, Materiali e Sostenibilità, che introduce terminologie, concetti base e modalità di selezione dei materiali necessari per attivare una cultura della sostenibilità a partire dalla materia.
Il corso si rivolge a tutte le componenti aziendali, dall’R&D, agli uffici acquisti, ma anche al marketing e al Csr, che possono così dare dei contenuti più concreti alle strategie di sostenibilità dell’azienda. Per partecipare, bisogna compilare il modulo online sul sito www.materially.eu .
Materially è partner nei progetti di ricerca finanziati
Materially, accanto alle attività di consulenza e networking, affianca le aziende nei progetti promossi da bandi regionali, nazionali ed europei, perché capace di contribuire in modo strategico all’implementazione degli obiettivi applicando metodologie design-driven, di agire da facilitatore nella comunicazione interdisciplinare e in grado di attivare numerosi e ponderati canali di comunicazione e divulgazione dei risultati.
Veronica Sarbach, responsabile Research – Eu Projects, svela alcune delle attività finanziate nelle quali Materially è attualmente coinvolta.
«Siamo partner di sei consorzi che ricevono fondi europei di cui la maggior parte incentrati sul trasferimento di conoscenze nell’ambito dell’innovazione materiale; la sostenibilità è ormai considerata un aspetto imprescindibile per poter parlare di innovazione. Nello specifico, posso segnalare i due progetti più rilevanti in quest’ottica, ovvero Datemats, che fa un ragionamento approfondito su materiali e tecnologie emergenti e come applicarli in una progettazione consapevole. Mentre Grete è un’iniziativa di ricerca di base dove si stanno sviluppando processi e tecnologie che ridurranno l’impatto ambientale nella produzione di fibre cellulosiche artificiali (nel tessile, fibre create artificialmente ma che derivano da cellulosa o proteine di origine vegetale, ndr). Per quanto riguarda il settore dei materiali da costruzione, non siamo attualmente coinvolte in iniziative dedicate ma lo saremo molto probabilmente in futuro dato che la Commissione Europea l’ha messo tra i settori fondamentali per un uno sviluppo europeo sostenibile, attraverso l’iniziativa New European Bauhaus».