Rete Ferroviaria Italiana (azienda controllata al 100% da Ferrovie dello Stato) ha da tempo pianificato e avviato, per la linea che collega Trento alla Valsugana, un programma di incremento del traffico passeggeri e merci. Il piano si concretizza attraverso l’adozione di materiale rotabile (locomotori in particolare) più potente ed efficiente per raggiungere i massimi standard di sicurezza, ma anche più pesante e veloce, quindi portatore di maggiori sollecitazioni alla struttura.
Tra i recenti cantieri del Gruppo Miniera San Romedio, con i prodotti a marchio Tassullo, c’è l’intervento eseguito sul viadotto di Gocciadoro, situato a sud di Trento, che costituisce il tronco iniziale della Ferrovia della Valsugana (Mestre-Trento), ossia quello tra la stazione del capoluogo e l’abitato di Villazzano.
Il tronco si caratterizza non solo per l’andamento planimetrico mosso, tipico delle regioni montane, ma anche per la pendenza a salire dovuta all’altitudine delle località servite, fino a raggiungere la città di Pergine.
Il tracciato originario ricadeva in uno dei lembi meridionali dell’impero austriaco e si sviluppava fra Trento e Tezze di Grigno, dove si trovava il confine con l’Italia, per oltre 64 chilometri. Il percorso si mantenne privo di altri collegamenti fino al 1910, quando lo Stato italiano, attraverso varie fasi intermedie, lo prolungò verso Sud, allacciando la ferrovia alla rete nazionale attraverso le Stazioni di Primolano, Bassano, Castelfranco, Padova, Mestre, Venezia.
Da allora il traffico relativo è andato nel tempo soggetto a varie modificazioni che l’hanno visto attenuarsi fino a cessare per usi civili durante la Prima Guerra Mondiale, per essere poi ripristinato dal dicembre 1918.
A partire da tale epoca la ferrovia, pur conservando le iniziali peculiarità di linea a scartamento normale a unico binario, è andata soggetta a notevoli incrementi nella gestione ordinaria e merceologica, che hanno riguardato volumi di traffico e frequenza di corse, tanto da passare dalle tre originarie alle 27 giornaliere, (considerando solo quelle in partenza e arrivo a Trento, quindi escluse le intermedie) per treni passeggeri, cui si allinea un proporzionale ampliamento nel trasporto di merci. E questo su manufatti che, a parte ordinarie manutenzioni e dovuti aggiornamenti impiantistici, nella essenziale struttura e consistenza, sono gli stessi cui era affidato il servizio di 111 anni fa.
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L’intervento sul viadotto Gocciadoro ha riguardato nello specifico il consolidamento della muratura tramite iniezioni con miscele consolidanti applicate mediante pompe a bassa pressione e il ripristino delle fugature delle superfici faccia a vista.
L’uso dei prodotti Tassullo a base di calce idraulica naturale Nhl5 ha permesso di garantire la realizzazione di un intervento compatibile con i materiali storici utilizzati per la costruzione del viadotto, e di assicurare la continuità con le caratteristiche meccaniche.
L’utilizzo di Fenix B, una speciale miscela a base di calce idraulica naturale Nhl5 – ad alta fluidità, resistente ai solfati e a basso contenuto di sali idrosolubili – ha permesso di riempire le cavità presenti all’interno della muratura consolidandola e migliorandone le caratteristiche meccaniche, evitando al tempo stesso di creare nuclei rigidi, tipici dell’utilizzo di prodotti cementizi.
Per la fugatura tra sasso e sasso si è, invece, ricorsi a T30RC, una malta pronta sempre a base di calce idraulica naturale Nhl5 e inerti selezionati di opportuna curva granulometrica da 0 a 4 millimetri, ideale per la realizzazione di giunti in murature faccia a vista e allettamento mattoni, caratterizzata da alta resistenza, traspirabilità ed elasticità.
T30 RC permette di riprodurre dal punto di vista fisico, chimico e mineralogico le malte di allettamento originarie a base di leganti ottenuti dalla cottura a bassa temperatura di calcari argillosi, consente elevate velocità di posa e permette l’ottenimento di malte resistenti, ma non rigide, con consistenza costante nell’arco dell’applicazione.
Le caratteristiche e i vantaggi dei prodotti utilizzati comprendono adeguate resistenze meccaniche con classe M5 in riferimento alla norma Uni En 998-2, traspirabilità del materiale e la compatibilità della colorazione della calce con la naturale tonalità del materiale delle arcate.
Il Viadotto Gocciadoro
Il viadotto della ferrovia della Valsugana a Trento si trova in località via Gocciadoro, da cui prende il nome (Viadotto Gocciadoro) e rappresenta l’opera di maggiore importanza tra le tante dislocate sull’intero tratto ferroviario.
Percorsi 1.800 metri dalla stazione di Trento si incontra questa struttura, che si protrae per altri 1.260 metri con un totale di 123 arcate in muratura, della luce netta di 8 metri. Il tratto prosegue poi con un ponte sul torrente Fersina e, a seguire, altri due per il superamento della strada Trento-Verona e del torrente Salè.
Le arcate sono costituite da piedritti che poggiano su fondazioni in muratura appena sotto il piano campagna, eseguiti con blocchi squadrati di altezza costante per formare corsi regolari di pietra, proveniente dalle cave di Villazzano (Trento).
Questi blocchi sono stati successivamente murati con malta di calce idraulica e sabbie sottili, ottenute dalla macinazione della pietra stessa. Gli archi sono impostati sulla sommità dei piedritti a tutto spessore e proseguono verso la chiave di sommità con una lieve riduzione.
Le acque vengono convogliate al centro della chiave di volta dove, attraverso uno strato di pietrame drenante e di un tubo passante, sono scaricate all’esterno. Inoltre, gli archi del viadotto comprendono coronamenti in pietra da taglio e parapetti in ferro fino alla quota di posa delle traversine.
Una caratteristica peculiare dell’opera consiste nella variabilità della quota d’imposta degli zoccoli fondali, che assecondano l’andamento naturale del suolo. Lo sviluppo longitudinale rispetta una regola militare tipica austriaca volta a contenere la propagazione distruttiva innescata dal crollo anche di un solo elemento. A livello visivo non sembrerebbe, ma il sistema alterna, ogni cinque, una spalla più grande. Questa tecnica antica permetteva di poter abbattere un pezzo di struttura alla volta, senza che crollasse tutto l’edificato.