Come spesso accade in situazioni anomale, com’è l’attuale situazione di mercato, non mancherebbero gli elementi per ridisegnare i tratti di un settore in generale abitualmente refrattario al cambio di identità, e quindi di posizionamento.
Molti rivenditori si sono accorti di non essere più solo tali e il dubbio è diventato esistenziale, in senso stretto. Che cosa ci faccio in questo mercato, accerchiato dalla concorrenza del commercio elettronico che, come è già avvenuto in altri settori, finirà per accorciare la filiera; dalla presenza sempre più invadente di certa produzione; dal disequilibrio dei prezzi e dalla difficoltà nei rifornimenti; dalla presenza di un privato che entra battagliero nello show-room e qualche volta ne sa anche più di me?
Il paradosso, se così lo vogliamo definire, è che in questo momento stiamo tutti lavorando di brutto. Parrebbe una buon notizia, se non fosse che gli incrementi repentini dei fatturati (e la storia ce lo insegna) rischiano di far passare in secondo piano la capacità di immaginare il mercato in prospettiva: ora mi concentro sul lavoro, poi ci penserò. E, ve lo anticipo, quando decideremo di pensarci sarà, ancora una volta, troppo tardi.
Che cosa succederà quando il mercato si ridimensionerà, quando tornerà a essere più o meno quello di prima? Secondo alcuni di voi, che ho personalmente interpellato, qualche segnale sta già arrivando.
Per esempio, l’aumento per molti assurdo dei prezzi sta costringendo a una minore marginalità, per non finire fuori mercato, anche a causa di una tempistica di preventivazione che definire approssimativa è un puro eufemismo.
Chi ha snobbato l’idea di affidarsi a una logistica impostata come si deve (una volta si diceva «fare magazzino») ora non sa più da che parte girarsi. Un tempo, neanche tanto lontano, si acquistava sul venduto. Il problema è che oggi vendi se hai il materiale. Se
non ce l’hai, quel cliente non lo recuperi più.
Un altro problema sempre latente, in particolar modo di questi tempi, quando si vende molto, è la possibilità che crescano anche gli insoluti. Non è infatti da escludere che il continuo aumento dei prezzi dei lavori costringa i clienti finali a rinunciare agli interventi programmati. Non devo spiegare a voi gli effetti a catena di questa possibile e nefasta eventualità.
Nel nostro settore ci sono principi che, qualsiasi sia il vento che tira, sono sempre validi e attuali. Il famoso riposizionamento, che molti fa inorridire, è molto più di una semplice prospettiva del mercato che sarà. Perché attraverso il riposizionamento il cambiamento lo costruisci, magari su misura per te, e non lo subisci.
E credo che sia utile ricordare che molti rivenditori questa trasformazione della loro identità primaria l’hanno già fatta, e non mi risulta che ci siano pentimenti.
Chi ha eliminato il «materiale edile» per concentrarsi sulle finiture (passando dal magazzino al negozio); chi si è sbarazzato dei «materiali pesanti» e ha dedicato i suoi spazi alle soluzioni tecniche più avanzate, passando dalla vendita generalistica alla consulenza tecnica (il mezzo) e alla conseguente vendita di qualità (il fine); chi ha saputo creare una rete di competenze destinate ai professionisti e ai privati e si è imparentato con la categoria dei general contractor (fatte le debite proporzioni), diventando un reale punto di riferimento nella sua zona di competenza.
Sono tutti esempi di riposizionamento (e ce ne sono tanti altri, soprattutto nell’ambito dei servizi) che ci fanno capire come la distribuzione edile sia tutt’altro che un settore chiuso e destinato all’oblio.
Tornando quindi al pensiero iniziale, ci troviamo a mio modestissimo avviso nel momento ideale per cercare di pensare a che cosa faremo da grandi: la ripresa è tangibile, anche se certe percentuali di crescita non saranno eterne; il mercato (l’insieme dei nostri clienti) è sempre più vario e differenti sono le sue esigenze.
I nostri clienti tradizionali, che sono molto più tradizionali di noi, hanno sempre più bisogno di poter contare su un supporto tecnico adeguato e, ormai lo abbiamo capito, aiutarli a risolvere i loro problemi vale molto più di praticare l’ennesimo, banale sconto sui prodotti.
di Roberto Anghinoni (da YouTrade n. 121)