Il 2020 è stato l’anno in cui sono state minate molte delle nostre certezze. La libertà, la mobilità, la socialità e la sicurezza a cui eravamo abituati, sono venute meno. Aspetti della nostra vita che ci sembravano immutabili, si sono trasformati. Tra questi il modo di studiare, lavorare e fare acquisti. Altre cose, invece, smetteranno di esistere, come il celeberrimo catalogo cartaceo Ikea.
L’azienda ha dichiarato che le vendite online sono aumentate del 45% nell’ultimo anno, in tutto il mondo. Le visite sul sito sono state più di 4 miliardi. I servizi online sono aumentati e un’app nuova di zecca consente ai clienti di rimanere sempre in contatto con il loro brand. Ikea taglia milioni di copie di cataloghi, per tagliare meno alberi e diventare più green. Così risparmia e raccoglie i consensi di un altro marchio di fabbrica svedese: Greta Thumberg.
Non voglio entrare nel merito della decisione di Ikea. Prendo spunto da questa notizia perché rappresenta un grave pericolo per il marketing. Potenzialmente più virulento del coronavirus e con un alto tasso di mortalità in tutti i settori, soprattutto in edilizia.
Sono sicuro che molti geni del marketing stanno pensando di seguire l’esempio di Ikea, per anticipare un nuovo trend e sentirsi più smart. Ma emulare Ikea potrebbe nuocere gravemente alle vendite di qualunque attività commerciale.
È vero, durante il 2020 siamo diventati più smart, ma quale altra scelta abbiamo avuto? È stato un anno fuori dall’ordinario. Da un lato il virus ci ha spinto a fare online anche le cose più semplici, come acquistare una pizza. Dall’altro ha fatto crescere a dismisura la voglia di tornare a vivere nel mondo fisico, all’interno dei negozi di prossimità, dove riassaporare la gioia dei piccoli gesti, come l’acquisto di un regalo. Ma cosa succederà quando il virus non troverà più corpi su cui sfogarsi?
Essere smart non significa solo diventare più tecnologici, significa anche essere flessibili e intelligenti. E non smetteremo di esserlo, neanche quando il coronavirus sarà archiviato nel cassetto dei ricordi.
Ikea ha immolato il suo catalogo nel nome della multicanalità digitale. Sicura che i suoi canali social, una nuova app e la realtà aumentata, possano soppiantare un canale fisico che, per 70 anni, ha avuto un accesso diretto nella vita e nelle case di milioni di persone. Ha colto l’attimo, aprendo il sipario su un nuovo scenario, nel bel mezzo del caos generato dal virus. Il tempo dirà se avrà avuto ragione.
Ma mentre lei può permettersi di sbagliare o aspettare altri 70 anni, noi comuni mortali no. Di conseguenza, se avete uno showroom, con o senza e-commerce e non avete un catalogo cartaceo, è arrivato il momento di realizzarlo. Se ce l’avete già, ampliatelo o affiancategli altri strumenti fisici. Perché ci sarà bisogno di riempiere il vuoto creato da Ikea e di soddisfare il desiderio irrefrenabile di normalità. Facendo rivivere ai clienti, le emozioni tattili che il distanziamento sociale ci ha costretto a mettere in disparte.
Anche se non saremo più quelli di prima, continueremo ad avere bisogno di interagire con la materia fisica, perché così è scritto nel nostro Dna. Persino il digitale sta disperatamente cercando di emulare la realtà fisica, con la realtà aumentata e le video chiamate con gli ologrammi 3D, in stile Guerre Stellari.
Come spesso accade, per capire dove andare, dobbiamo sapere da dove arriviamo. Rileggere la nostra storia e la nostra evoluzione. Abbiamo smesso di cacciare per vivere, dedicandoci all’allevamento, ma non abbiamo smesso di mangiare carne. Allora, siccome nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Prima di distruggere i tuoi cataloghi, pensa a come trasformarli, per renderli più appetibili e più indispensabili per il tuo mercato. Un vero catalogo non muore mai.
di Marco Buschi, esperto di marketing e copywriting a risposta diretta in edilizia (da YouTrade n.115).