Per l’economia e, in particolare, per l’edilizia, la demografia è un punto fondamentale: la popolazione italiana continua a diminuire. Non occorre essere degli scienziati per comprendere che meno abitanti equivale a più case vuote, anche se, per la verità, aumenta il numero di single, specialmente nelle grandi città. Il calo demografico significa anche meno consumi, quindi imprese che vendono meno, o a prezzi più bassi. Significano meno ristrutturazioni di appartamenti usati e, di sicuro, meno spinta a costruirne di nuovi. I numeri che riguardano la popolazione residente in Italia sono impietosi: a gennaio il saldo indicavano un saldo negativo di 116 mila persone su base annua, con un progressivo ampliamento del divario tra numero di nascite e di decessi. Nel 2019 sono nati 67 bambini ogni cento deceduti. È un dato allarmante, se si pensa che solo dieci anni fa, in era pre-crisi, eravamo quasi alla pari: nascevano 97 bambini a fronte di cento persone morte. E a costo di far sollevare più di un sopracciglio (o una reazione peggiore), vale la pena di ricordare che, numeri Istat alla mano, la situazione sarebbe ancora più negativa se il flusso di migranti fosse azzerato. Non è questa la sede per dibattere sulla controversa visione riguardo alle immigrazioni, che peraltro interessano tutto il mondo (vedi il muro voluto da Donald Trump al confine con il Messico). Ma sta di fatto che il numero di nascite cosУ esiguo è già comprensivo dei bambini nati da donne di origine non italiana. Unico dato positivo, si fa per dire: lo scorso anno non è stato toccato il picco negativo peggiore. La media, infatti, indica 1,26 figli per donna, ma nel 1995 era ancora peggio, a 1,2. Le cause di questa sterilità popolare sono molte. La precaria situazione economica, la diffusione di rapporti di lavoro temporanei e saltuari, che ha aumentato il numero di donne che non hanno accesso all’indennità di maternità, che vi hanno diritto solo in misura irrisoria o che, comunque, non guadagnano abbastanza per potersi permettere un figlio. Mancano anche strutture sociali adeguate: il livello di copertura dei nidi, pubblici e privati, arriva al 25%, con enorme divario tra Centro-Nord e Sud. Infatti, i dati dell’Ispettorato del lavoro indicano che il 70% delle donne che lasciano volontariamente il lavoro sono spinte dalla difficoltà a conciliarlo con il ruolo materno. Una faccenda, insomma, che andrebbe affrontata seriamente. E invece…