Il Laboratorio centro ricerche Ref ha messo a punto questa analisi sul problema degli imballaggi di fronte all’esigenza di una maggiore salvaguardia ambientale.
Più riciclo e meno rifiuti. L’economia circolare comincia anche da un diverso modo di concepire gli imballaggi
di Donato Berardi e Nicolò Valle
- Meno rifiuti? Impegno di tutti, impegno dei produttori
Due istantanee. La nota fotografia del cavalluccio marino avvinghiato a un cotton fioc. Le 33mila bottigliette di plastica gettate ogni minuto nel Mediterraneo usate dal WWF come shoccante termine di paragone per denunciare le tonnellate di plastica che finiscono nei nostri mari. Le campagne plastic free lanciate negli ultimi due anni sembrano aver colpito nel segno, sensibilizzando quanto mai in passato tanto l’opinione pubblica come le singole coscienze sul tema dei rifiuti, del loro riciclo e del loro possibile riutilizzo. E rispetto al passato, si sta formando la solida consapevolezza che riciclare non è sufficiente, quanto invece è necessario adottare stili di consumo diversi, che, per esempio evitino i prodotti “usa-e-getta”.
E di questa crescita esponenziale e incontrollata dei rifiuti, i principali indiziati sono proprio gli imballaggi (di cartone, vetro, alluminio, plastica etc.) che contengono o confezionano le merci che noi quotidianamente acquistiamo. Le iniziative – piccole e grandi, simboliche e reali – si moltiplicano: borraccia di alluminio al posto di bicchieri di plastica in ufficio, rinuncia alla cannuccia al fast-food, scelta di comprare detersivi sfusi al supermercato. Di economia circolare si discute e molto ci si interroga su quanto ognuno di noi – nel proprio quotidiano – può fare evitare lo spreco.
Molto più marginale lo spazio dedicato a un altro tema, quello della “responsabilità estesa del produttore” (in lingua inglese “Extended Producer Responsibility” o più brevemente EPR). Si tratta di una politica ambientale per la quale il produttore di un bene è responsabile anche per la fase post-consumo, ovvero per la gestione una volta diventato rifiuto[1].
Una questione normata sia a livello nazionale che europeo. Anzi, le recenti Direttive 851/2018 e 852/2018, parti integranti del Pacchetto Europeo sull’Economia Circolare, porteranno importanti novità in materia di EPR.
- Il concetto di EPR, un’invenzione di quasi trent’anni fa
Facciamo un passo indietro nel tempo. Il concetto di EPR non è nuovo, nasce in Svezia nei primi anni Novanta nel contesto del dibattito sulla “Cleaner production” e su una produzione “sostenibile”. Alla base vi era la volontà di spostare dai consumatori o dalle autorità pubbliche ai produttori la responsabilità della gestione dei rifiuti derivanti dai prodotti immessi sul mercato.
Non solo. Si cominciò a pensare che per dare una vera risposta al problema fosse necessario intervenire a monte dei processi di produzione, fin dalla progettazione dei prodotti. In questo modo era possibile: affrontare il crescente problema della produzione eccessiva di rifiuti, migliorarne la gestione a valle e, dunque, ridurne gli impatti ambientali. Una rivoluzione copernicana.
L’Europa comunitaria ha cominciato a legiferare sulla questione. Oggi, 26 dei 28 Stati membri della UE hanno attivo qualche tipo di programma EPR per i rifiuti di imballaggio. L’Italia si è adeguata nel 1997, con l’istituzione del CONAI, il Consorzio Nazionale Imballaggi, ente privato a cui aderiscono le imprese produttrici e utilizzatrici di imballaggi.
Sul piano operativo sono due i modelli di gestione. Uno “integrato” nel quale sono le amministrazioni locali a gestire la raccolta dei rifiuti di imballaggio sul territorio, congiuntamente alle altre tipologie di rifiuti urbani. I produttori sono in questo caso tenuti a contribuire in tutto o in parte alla copertura dei costi di gestione dei rifiuti di imballaggio sostenuti dalle pubbliche amministrazioni attraverso corrispettivi concordati che tengono conto della tipologia, della qualità e della quantità dei rifiuti di imballaggio raccolti in maniera differenziata. Questo è quanto accade, per esempio, in Italia. Vi sono poi “modelli duali” nei quali i produttori sono tenuti ad organizzare per proprio conto un sistema di intercettazione dei rifiuti derivanti dai “propri” imballaggi immessi sul mercato. Non solo, anche i costi di raccolta e avvio a riciclo/recupero/smaltimento sono sostenuti per intero da enti o consorzi che per conto delle imprese ottemperano agli obblighi in materia di responsabilità estesa.
Un Rapporto realizzato per la Commissione Europea nel 2014 rilevava che in Austria, Belgio, Germania, Repubblica Ceca e Paesi Bassi le imprese sopportavano per intero i costi di gestione (raccolta differenziata, trasporto e trattamento) dei propri rifiuti di imballaggio, mentre in Francia il contributo dei produttori arrivava al 75%.
E in Italia? Almeno fino all’inizio 2018, il Contributo Ambientale versato dalle cosiddette “imprese obbligate” risultava inferiore – talvolta anche di molto – a quello dei principali Paesi europei.
- In attesa del grande cambiamento
Come già accennato all’inizio del nostro contributo, l’Europa ha emanato due nuove Direttive, la 851 e la 852/2018, con le quali, pone nuove regole e ridefinisce il concetto di Extended Producer Responsibility. Cosa cambia? La Direttiva è molto chiara: rispetto al passato, sarà piena “responsabilità” dei produttori passare a un sistema che sin dalla progettazione usa solo prodotti durevoli, adatti all’uso multiplo, riparabili, tecnicamente ed economicamente selezionabili e riciclabili, realizzati a partire da materiali riciclati.
Tra le altre novità, il nuovo sistema, prevederà che:
- vi sia l’obbligo di raggiungimento dei nuovi obiettivi di riciclo
- sia garantita la presenza di un sistema di comunicazione delle informazioni per raccogliere i dati sugli imballaggi immessi sul mercato del singolo Stato e i dati sulla raccolta e sul trattamento di rifiuti risultanti
- sia garantita la copertura integrale (o in deroga almeno dell’80%) dei “costi efficienti” della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio sostenuti dai Comuni, inclusi i costi del loro successivo trasporto e trattamento
- il contributo ambientale versato dai soggetti obbligati venga modulato, ove possibile, per singoli prodotti o gruppi di prodotti simili, tenendo conto delle loro caratteristiche.
Entro quando? Per quando riguarda la filiera degli imballaggi, i requisiti minimi dovranno essere introdotti negli Stati membri entro e non oltre la fine del 2024. L’Italia è tenuta a recepire questa Direttiva fra meno di un anno, il 5 luglio 2020. Si tratta di un’importante riforma che potrebbe aprire la strada al cambiamento nel settore dei rifiuti. Anche nel nostro Paese che, con l’introduzione del nuovo sistema di diversificazione contributiva da parte di CONAI avviato a partire dal 2018, ha cominciato a muoversi verso soluzioni auspicate a livello comunitario.