Sicurezza antisismica
I terremoti non sono evitabili. Ecco perché intervenire sulla struttura dell’edificio per renderlo solido e inattaccabile dalle scosse è una priorità. Oggi resa più facile grazie agli incentivi fiscali fino all’85% confermati con la legge di Bilancio 2018
Farsi pagare l’adeguamento sismico dallo Stato. È possibile? Certo. Anzi, lo è sempre stato, così come per gli interventi di rigenerazione energetica o di ristrutturazione edilizia. Solo che non abbiamo mai affrontato il tema da questo punto di vista, ma abbiamo sempre considerato gli incentivi come un qualcosa di privato, legati alla singola persona, al proprietario, dell’alloggio o del capannone o dell’edificio. Invece non c’è nulla di più pubblico di un incentivo fiscale.
Con l’incentivo è lo Stato che direttamente rinuncia a parte dei propri introiti fiscali al fine di agevolare misure e azioni in grado di intervenire dove non può o non riesce. Certo, lo strumento dell’incentivo è un pagamento differito, anzi è una diminuzione differita del carico fiscale. Ma in un Paese nel quale il carico fiscale è tra i più elevati e dove si lavora ogni anno fino ad agosto per pagare le tasse, qualsiasi azione in questo senso è uno strumento positivo e va sfruttato a pieno. Gli incentivi fiscali inoltre sono ormai ben noti a tutti, anche nel caso dei condomini, come hanno evidenziato alcune recenti analisi svolte dal Centro Studi YouTrade su circa 500 amministratori condominiali in tutta Italia.
E lo Stato dallo scorso anno ha voluto dare un tempo adeguato, finalmente e dopo anni di richieste da parte degli operatori, per poter intervenire e programmare azioni che non solo sono molto costose se rapportate agli interi edifici, ma sono in molti casi anche complesse dal punto di vista delle decisioni e dell’avvio dei lavori. Si pensi, per esempio, a quanto tempo serve perché un condominio possa decidere una azione di ristrutturazione e adeguamento sismico. Più facile su beni singoli, sulle villette mono e bifamiliari o sui capannoni di proprietà di una singola ditta o di un singolo imprenditore, più difficile laddove la proprietà è frazionata.
QUANTO CONVIENE – In ogni caso, mai come oggi gli interventi di adeguamento sismico sono fattibili, in termini di tempistica, e convenienti, in termini fiscali. Le detrazioni, come noto, sono valide fino al 31 dicembre 2021 e hanno delle soglie in base al tipo di intervento, andando dal 50%, per un ammontare complessivo delle spese non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare per ciascun anno, una percentuale che si alza al 70% o 80%, nel caso in cui dagli interventi derivi, rispettivamente, una diminuzione di una o due classi di rischio. Ma se gli interventi sono realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali, le detrazioni di imposta salgono rispettivamente al 75% e all’85%. Tradotto, significa che nel caso di interventi che riducano in un edificio residenziale di due classi il rischio sismico lo Stato restituisce l’85% della spesa.
E non solo negli edifici residenziali, ma anche in quelli produttivi. Il sismabonus 2018 introduce interessanti novità in tema, a partire dalla detrazione fiscale del 100% per le spese di diagnosi sismica, se tali spese avvengono contestualmente al lavoro di adeguamento o miglioramento antisismico, e della possibilità di poter cedere il credito fiscale ad altri intermediari o altri soggetti. Insomma, lo Stato ha deciso di agevolare in tutti modi l’intervento di messa in sicurezza del patrimonio edificato, un patrimonio fragile dal punto di vista strutturale, ma molto consistente dal punto di vista quantitativo, un patrimonio che va adeguato alla sismicità del nostro territorio.
Il problema principale infatti è la vulnerabilità del nostro territorio e un cambiamento strutturale che deve avvenire nella logica della prevenzione e della sicurezza. Siamo un Paese che preferisce intervenire dopo, invece di prevenire prima. Non siamo giapponesi, anche se dal Sol Levante in tema di prevenzione antisismica avremmo molto da imparare, per le tante analogie tra il loro territorio e il nostro, analogie sia per la sismicità che per la conformazione del territorio stesso. In Italia oltre 21,5 milioni di persone abitano in zone a elevato rischio sismico (zone 1 e 2) e altri 19 milioni risiedono nei comuni classificati in zona 3. I terremoti, come noto, non sono prevedibili, ma si possono prevedere i danni che potrebbero portare con adeguate azioni di studio e verifica preventiva, seguite da azioni di intervento volte ad adeguare lo stock immobiliare che, in area sismica ad elevato rischio conta 10 milioni di abitazioni.
ABBINATA VINCENTE – Che fare, dunque? Ovviamente intervenire sfruttando l’opportunità del sismabonus, magari associato all’ecobonus, e seguendo quanto prescritto dalle norme tecniche per le costruzioni, che definiscono tre tipi di intervento, da quelli di adeguamento, atti a conseguire i livelli di sicurezza previsti dalle norme stesse, a quelli di miglioramento, destinati ad aumentare la sicurezza strutturale esistente ma senza raggiungere i livelli richiesti dalle norme e fino agli interventi su elementi isolati, in grado di migliorare le condizioni di sicurezza preesistenti.
Il punto è che su queste possibilità e rispetto alle esigenze del nostro territorio e alle caratteristiche del patrimonio edificato non si dovrebbe procedere con soluzioni limitate o di semplice miglioramento, ma di vero e proprio adeguamento alla norma, soprattutto nei casi di sopraelevazione o ampliamento (si pensi ad esempio alle opportunità date dai vari piani casa regionali). Il punto strategico è che l’adeguamento sismico, che per norma sulle nuove costruzioni richiede gli standard più elevati, sulle costruzioni esistenti può procedere solo su base volontaria. E per tale ragione lo Stato ha deciso di percorrere la via dell’incentivo fiscale, ovvero della detrazione, restituendo in pratica a chi interviene la maggior parte della spesa.
COME SCEGLIERE – Quali interventi fare? Dipende ovviamente dalla tipologia edilizia e dal tipo di costruzione, dei materiali presenti, delle tipologie di strutture portanti e delle modalità costruttive, oltre che ovviamente della zona sismica classificata. Il primo passo è sempre una indagine diagnostica che deve verificare i cosiddetti «stato limite ultimo» e «stato limite di esercizio». Rispetto a questi stati il progettista deve stabilire i livelli di prestazione e definire le opere necessarie a ottenerli. Le condizioni da ottemperare riguardano principalmente la salvaguardia della vita umana e la valutazione delle condizioni di collasso dell’edificio, le quali devono essere valutate in rapporto alla capacità resistente della struttura, con le deformazioni prevedibili di tutte o di alcune sue parti, valutando lo stato di degrado dei materiali esistenti e la loro risposta alle sollecitazioni. Per far questo, e per calcolare dove e come intervenire, la tecnologia mette oggi a disposizione strumenti software e di modellizzazione che simulano perfettamente «che cosa accadrebbe se». Si possono dunque non solo fare diagnosi accurate, ma anche tarare perfettamente gli interventi in base alle esigenze strutturali degli edifici, siano essi residenziali o non residenziali, privati o pubblici.
NON PERDERE TEMPO – L’esigenza di intervenire è urgente perché a cadenze ormai biennali o al massimo triennali in Italia si verificano terremoti con magnitudo elevate che comportano crolli e, purtroppo troppo spesso, vittime e danni oltre misure accettabili per un rischio che con adeguate azioni di prevenzione potrebbe essere contenuto in valori e cifre molto meno rilevanti. Il problema principale non è relativo agli strumenti diagnostici, alla capacità dei tecnici e dei progettisti o alle soluzioni tecnologiche. Questi sono tutti elementi sui quali oggi possiamo contare con certezza. Più difficile è adeguare alla sicurezza la mentalità delle persone, spingendole a investire sul proprio futuro rispetto ad un rischio presente costantemente ma al quale facciamo caso solo dopo eventi catastrofici.
Oggi abbiamo non solo strumenti tecnici e tecnologici ma anche meccanismi finanziari in grado di rendere fattibili queste azioni. Promuoviamo un adeguamento alla sicurezza, comunichiamo in modo adeguato e sfruttiamo le occasioni che abbiamo. Il 2021 non è poi così vicino, abbiamo tutto il tempo per farlo e forse per il prossimo evento catastrofico saremo finalmente pronti a superarlo come i giapponesi, ovvero senza danni e senza la consueta e tragica contabilità delle vittime.