Il Comune di Milano ha censito le aree inutilizzate, dentro e fuori la cerchia dei Bastioni. La mappatura ha fornito un risultato sorprendente: in quella che è la capitale economica d’Italia ci sono 273 tra immobili e terreni che sono inutilizzati. Se questa è la realtà di Milano, che possiamo prendere a emblema, figuriamoci qual è la situazione nel resto d’Italia.
I motivi per cui preziosi metri quadri o interi stabili versano in stato di desolata inutilità sono diversi. Nel capoluogo lombardo le aree che avrebbero bisogno subito di lavori di riqualificazione sono concentrati soprattutto nella zona est della città, in particolare fanno parte del patrimonio dell’ex gruppo Ligresti, e hanno come simbolo la torre Galfa. Oltre agli uffici vuoti, ci sono una cinquantina di immobili di proprietà pubblica, palazzine sfitte, cantieri non finiti e intere aree edificabili in stand-by per un «titolo edilizio» annullato o il fallimento dell’impresa. Si possono elencare altri grandi progetti che sono bloccati, rallentati o avanzano con difficoltà: l’area della ex stazione di Porta Vittoria, patrimonio del fragile impero immobiliare di Danilo Coppola, il grande insediamento di CityLife, in parte sospeso a causa della crisi del mercato, il quartiere di Santa Giulia, rimasto a lungo impigliato nelle difficoltà del gruppo Zumino e nella discussa opera di bonifica. Infine, la zona limitrofa al capoluogo lombardo, quella dell’area Falck, trasformata (sulla carta) in centro commerciale e residenziale.
Sono tutti casi diversi, eppure, accomunati dalla difficoltà nel far procedere i lavori. Eppure, se in tutta Italia tornassero a muoversi le iniziative dei costruttori che sono rimaste congelate, forse il settore uscirebbe dal coma. Certo, ma come si fa ad accomunare situazioni più diverse? Si può, si può. Una fiscalità ad hoc, oppure il solito intervento della Cassa depositi e prestiti, la costituzione di un fondo speciale, magari da quotare in Borsa… Perché la volontà di frenare l’intollerabile crisi di un settore fondamentale per l’economia dovrebbe prevalere sulle regole scritte in altri tempi, per una realtà diversa. Non c’è tempo da perdere, un po’ di fantasia legislativa avrebbe anche un costo modesto o, addirittura, risultare vantaggiosa per i conti pubblici, dato che produrrebbe reddito. Insomma, lo diceva anche Goethe: la legge è forte, ma è più forte la necessità.