Anche la tecnologia ha i suoi mantra. Il primo, ormai 20 anni fa, è stato Internet (scritto con la maiuscola), il Verbo digitale capace di rivoluzionare vita ed economia. Poi, sono arrivati il web 2.0 e il cloud computing. Ora è la volta dell’internet delle cose, Iot (internet of things) per gli amici.
Anche l’Italia fibrilla all’idea di rendere ogni oggetto capace di scambiare informazioni con altri dispositivi. Intendiamoci: è una cosa seria, non una moda. Tim e il gigante cinese Huawei, per esempio, hanno annunciato l’avvio di un laboratorio di ricerca sull’internet delle cose (e in particolare sul cosiddetto NB-Iot, Narrowband IoT) con sede a Torino. E un recente Rapporto Assinform indicava per l’Italia un mercato dell’internet delle cose (nel 2014) da 1,6 miliardi, in crescita del 13% su base annua.
Ma c’è spazio per crescere ancora. Secondo la ricerca di Accenture intitolata Igniting Growth in Consumer Technology il 20% degli italiani pensa di comprare un dispositivo indossabile per il fitness (10% in Ue) e il 17% vuole un sistema di sicurezza domestico connesso in rete (contro una media europea dell’8%).
Internet del mattone
In ogni modo, l’internet delle cose non si ferma all’ambiente domestico o alla fabbrica. È, in arrivo, infatti, l’internet del mattone. La tecnologia, piaccia o no, avanza. Un esempio arriva dagli Stati Uniti, e probabilmente arriverà anche in Italia con il consueto ritardo. L’internet degli oggetti applicato alle costruzioni è, per esempio, l’oggetto della startup con sede in Texas, Primal Sensor.
Il caso Primal Sensor
La proposta della Primal Sensor parte da una riflessione: ogni anno negli Usa vanno persi 750 miliardi di dollari tra materiali e forniture che si smarriscono o sono rubati nei cantieri. L’azienda ha creato così una piattaforma per controllare tutte le operazioni di costruzione e fornire la posizione in tempo reale di tutte le risorse su un sito di lavoro. Questo consente di eliminare la perdita o smarrimento delle risorse, come materiali e forniture, ma anche di ridurre la perdita di tempo necessaria per individuare materiali o attrezzature in un cantiere di una certa dimensione. E tagliando i tempi, aumenta anche la redditività dell’impresa.
Per raggiungere l’obiettivo, Primal Sensor utilizza un sistema basato su tre hotspot posizionati in un cantiere edile e piccoli sensori collegati al materiale selezionato, dagli attrezzi manuali ai veicoli. Gli hotspot monitorano il materiale attraverso i sensori e i tag Rfid e segnalano i dati di localizzazione di una piattaforma software. L’azienda fornisce tutto il necessario: sensori, fari e software. Una volta chiuso il cantiere, gli utenti possono spostare il sistema di tracciamento da un sito all’altro.
Il sistema di Primal Sensor ha anche, sulla carta, un altro vantaggio: può essere utilizzato per monitorare l’avanzamento dei lavori dei molti appaltatori e subappaltatori che operano sulle principali aree del progetto. Questo è probabilmente utile nel campo delle grandi opere, come strade o ferrovie, piuttosto che su un singolo cantiere. «Si può sapere in tempo reale dove sono i pallet, dove sono gli strumenti. In questo modo è più semplice prepararsi per quello che è programmato la settimana successiva e si riesce a farsi trovare pronti, senza perdite di tempo», spiega Jerry Re, co-fondatore dell’azienda.
Rivoluzione tecnologica in cantiere
Insomma, le tecnologie per una rivoluzione tecnologica nei cantieri ci sono. Secondo l’analisi di Mario Caputi, amministratore delegato della società di consulenta in2it, «l’aumento esponenziale dei dati da gestire derivante da internet of things, mobile communication e business intelligence farà coppia con la capacità di preparare il cambiamento attraverso flessibilità di dati e sistemi e/o l’adozione dei sistemi terzi di committenti/clienti. Ciò riguarda anche la filiera dell’engineering & construction, composta da amministrazioni pubbliche, corporate, committenti privati, progettisti, architetti, contraenti generali, subappaltatori, facility manager, poiché impatta sull’efficienza produttiva su tutta la vita utile dell’opera immobiliare e/o infrastrutturale».
Ne è convinto, dall’altra parte dell’Oceano, anche James M. Benham, amministratore delegato della società di tecnologia di costruzione JBKnowledge: «La tecnologia e l’edilizia stanno convergendo in un nuovo prodotto che non è ancora definito», ha spiegato durante un seminario a Dallas. «Questo nonostante il fatto che, in media, le imprese di costruzione spendono 1,5% del fatturato annuo in information technology, rispetto al 3,5% di altre industrie».
Uno dei settori chiave in cui la tecnologia può impattare nelle attività di cantiere è la sicurezza. «La morte non è più accettabile, neanche finanziariamente, duranti i lavori di costruzione. Se ottimizziamo i siti riduciamo anche il movimento dei lavoratori. Secondo i miei calcoli aumentando la sicurezza si risparmia dai 400mila ai 600mila dollari per ogni progetto». Secondo l’esperto, in un vicino futuro la sicurezza dei lavoratori sarà migliorata attraverso l’uso di tecnologie all’avanguardia, come giubbotti di sicurezza equipaggiati con sensori che vibrano se un lavoratore si avvicina troppo ad attrezzature pericolose. Un altro impiego pratico dell’internet delle cose.
Anche Intel scende in campo
In campo (o, meglio in cantiere), sono scesi anche i colossi dell’informatica, come Intel, che ha messo a punto una piattaforma chiamata Switch Automation. È un sistema che si appoggia al cosiddetto cloud computing (cioè un server remoto su cui sono collocati i dati, come nel caso delle e-mail) per la gestione degli edifici. Questa soluzione aiuta la messa a punto di un immobile pronto a sfruttare tutte le opportunità offerte dalla Iot una volta terminata la costruzione.
Uno dei problemi da superare, infatti, è la necessità di gestire la montagna di informazioni che sono generate dagli oggetti che «parlano» tra di loro. La piattaforma di Intel serve, appunto, a mettere d’accordo le funzionalità dei diversi strumenti sul campo, in modo da generare sinergie e risparmi. Risultato: gli edifici una volta terminati assomigliano a una grande nave, con funzionalità che sono regolate attraverso una specie di sala di comando. Anche l’architettura, insomma, si fonde sempre di più con il mondo digitale.