La crisi del 2008 si è riversata a cascata sull’edilizia e su tutti i suoi attori. Tra questi Marco Fornoni, titolare della Fornoni, rivendita di macchine per l’edilizia che si è ritrovata nelle sabbie mobili della stagnazione, rischiando di andare a fondo. Ecco che cosa ha passato e come ne è uscita. E ora? “E ora ripartiamo”.
Domanda. Quando è nata la Fornoni?
Risposta. L’azienda è stata fondata nel 1962. Mio padre Giancarlo, che già lavorava nel settore dell’edilizia, decise di mettersi in proprio, creando la sua piccola azienda. Per i primi anni la portò avanti da solo, poi arrivarono i primi agenti.
D. E poi arrivò lei.
R. Io, dopo aver studiato elettronica e meccanica, ho aperto l’officina di assistenza: erano appena arrivati gli anni Ottanta. Abbiamo iniziato subito con il noleggio, che si è sviluppato bene, dando nuova linfa all’azienda. Poi è arrivato il fatidico 2008.
D. Quanto avete subito la crisi?
R. Ci ha devastati, senza mezzi termini. Eravamo un’azienda in piena espansione e ci siamo trovati a dover fronteggiare un verticale crollo delle vendite e un drastico aumento degli insoluti (compresi alcuni fallimenti).
D. Quantificando?
R. In sei mesi il nostro fatturato si è dimezzato (da 8 a 4 milioni di euro) e purtroppo abbiamo dovuto ridurre l’organico per far fronte a impegni importanti con i leasing delle macchine. Da 33 dipendenti interni – senza contare le squadre esterne di montatori e artigiani – ci siamo ridotti oggi a una decina. E il fatturato odierno è sotto i 2 milioni di euro.
D. Com’era composto il fatturato pre-2008 e com’è costituito invece quello attuale?
R. Le voci si sono completamente ribaltate: pre-crisi 10% noleggio, 20% assistenza e 70% vendita. Oggi è il contrario: 10% assistenza e 10% vendita e 80% noleggio.
D. Entriamo nel merito del noleggio. Quali sono le richieste predominanti?
R. Prima eravamo forti su gru, ponteggi, casseforme ed escavatori. Ora va il piccolo-movimento terra.
D. Quali sono state le armi usate per far fronte a tutte le difficoltà?
R. Innanzitutto, grazie al buon nome della Fornoni sul mercato, gli istituti di credito non hanno infierito, anzi: ci hanno aiutato accettando pagamenti molto dilazionati. Io, dalla mia, mi sono rimboccato le maniche e ho restituito tutto all’azienda, dopo che questa per anni mi aveva dato molto. Poi, come detto, il taglio dei costi è stato inevitabile. Insomma, abbiamo grattato tutto il possibile sul fondo del barile pur di rimanere in piedi. E adesso ripartiamo, ridimensionati, ma ripartiamo!
D. Ora come va il mercato?
R. Premetto che di previsioni non ne faccio più neanche una. Detto questo, fino all’anno scorso ci siamo dovuti difendere, arrangiandoci in ogni modo. Adesso, per la prima volta, qualcosa si sta muovendo e voglio essere ottimista, ma rimango guardingo, perché la ripresa è ben lontana. Vero è che abbiamo notato un incremento dei lavori di ristrutturazione nel pubblico (scuole, musei, chiese, enti) a livello di adeguamento alle norme sismiche.
D. E invece il privato?
R. Al momento, poca roba. Salta fuori qualche lavoro di bonifica da eternit e di ristrutturazione per tutti quelli che hanno tirato lungo fino a farsi piovere dal tetto.
D. Facciamo un confronto tra la Fornoni del passato e quella del presente: quanto e cosa è cambiato in questi anni?
R. Tante cose, a partire da una gestione più puntigliosa e attenta. Mi spiego: vista l’esperienza di affidare a terzi il controllo della gestione ed essermi più che scottato, oggi la gestione la curiamo noi direttamente e internamente. Ecco, più oculatezza: non si fanno investimenti senza aver la certezza di tutte le coperture del caso. Poi abbiamo in cantiere una serie di progetti e proposte ai clienti per permettere loro di affrontare meglio le rigidità del mercato. Ma più di così non mi sbottono.
D. Sbottoniamoci sulle sue passioni, distraiamoci.
R. Sono appassionato d’arte e di musica: da poco ho scoperto la classica ed è stata una rivelazione. Poi ho un hobby importante che è quello della motocicletta da enduro: seguo mio figlio Umberto sui campi da motocross e poi viaggio molto.