Come creare valore in un mercato in recessione come quello della distribuzione edile? Da questo interrogativo è partito lo studio di settore promosso dal Gruppo Made e realizzata dall’Università degli Studi de l’Aquila. Il punto di partenza, però, non è confortante: lo studio, che ha esaminato circa 800 bilanci sulle 6mila rivendite che sono state oggetto dell’analisi, ha stabilito che in sette anni, dal 2007 al 2014, la perdita di fatturato è stata del 25%, pari a quasi 1 miliardo. I risultati sono stati presentati e commentati a Milano da Claudio Troni (direttore marketing di Made), Fabrizio Berti e Fabio Ciaponi (rispettivamente professore e ricercatore dell’Ateneo abruzzese), che hanno presentato i risultati della ricerca.
La discesa dei ricavi delle rivendite è, ovviamente, la diretta conseguenza della crisi dell’edilizia. Per dare un’idea dell’impatto della perdita di fatturato sui conti del settore basta citare due dati. Nel 2007 circa un azienda su dieci presentava un risultato in perdita, mentre nel 2014 le aziende con i conti in rosso sono state tre su dieci. Nel 2007 il 45% delle imprese riusciva a creare un valore economico positivo, mentre nel 2014 solo una su quattro (e quindi il 25%) è stata capace di raggiungere questo risultato.
Una carrellata di dati negativi. Le imprese con un reddito netto positivo si sono ridotte del 21%. Nel 2014 solo un’impresa su quattro ha creato valore (nel 2007 era una su due): il rendimento dei capitali investiti si è quasi azzerato. E il rendimento degli investimenti ha toccato il suo punto di minimo nel 2010 (riducendosi del 33%). Il ritorno sulle vendite, cioè il reddito per ogni euro di fatturato, ha concluso nel 2013 la sua caduta, dopo essersi ridotto del 34%. In compenso, la marginalità delle vendite è cresciuta del 18%, ma ciò non è bastato per assorbire l’aumento dell’incidente dei costi fissi. Altro dato non positivo: il capitale turnover è in costante decrescita (a parità di investimenti si riesce a ottenere sempre meno fatturato), mentre l’allungamento dei tempi di incassi è marcato e le scorte restano in magazzino il doppio del tempo. Gli investimenti decrescono: all’inizio della crisi, per mille euro di fatturato se ne distruggevano due di valore. Nel 2014 se ne bruciano ancora di più: 18.
In controtendenza. In questo scenario non troppo confortante sono state individuate comunque qualche isola felice: su 814 imprese prese in analisi, le eccellenze sono 27 (appena il 3,5%). La chiave per tornare a crescere sta nell’ottimale gestione dei costi fissi e dei crediti e non nella marginalità sulle vendite.
Circolo vizioso. La perdita di fatturato, unita a una rigidità della struttura di costi ha prodotto l’erosione del debito e le contromisure adottate per difendere gli equilibri aziendali dai nuovi scenari economici non hanno prodotto risultati. L’erosione del reddito si è tradotta così in un deprimente calo della redditività degli investimenti aziendali, che nel 75% dei casi è scesa al di sotto del costo dei capitali, comunque impiegati per la realizzazione degli stessi investimenti (con conseguente distruzione di valore). In un quadro così critico c’è comunque una nota positiva: l’analisi delle aziende sembra indicare, nell’ultimo triennio, un arresto della caduta e dal 2012 gli indicatori si sono stabilizzati. Solo con i prossimi bilanci 2015 sarà però possibile verificare se effettivamente il settore della distribuzione edile ha intrapreso un nuovo percorso di effettiva crescita per riconquistare quella produttività perduta.