La carenza di manodopera qualificata potrebbe comportare una diminuzione degli investimenti in nuove costruzioni e di conseguenza un aggravarsi della crisi degli alloggi: ecco le conseguenze della Brexit ( acronimo di Britain exit). A sostenerlo è la Home Builders Federation che teme l’esito del referendum del 23 giugno, quando i sudditi del Regno Unito saranno chiamati a esprimere il loro parere se rimanere o uscire dall’Unione. I costruttori infatti, hanno ammesso di fare molto affidamento sui lavoratori d’oltremanica, e ne avrebbe ancora più bisogno se la crisi degli alloggi si aggravasse.
Secondo i dati emessi dal Royal Institute of Chartered Surveyors (Rics) a gennaio, i salari del settore delle costruzioni sono aumentati del 6% nel 2015, ben tre punti in più della media registrata nel Paese (+2%), proprio a causa della scarsità di operai specializzati. Non solo, al un forte aumento delle paghe si contrappone la diminuzione dei vincoli finanziari per erogare dei prestiti alle imprese di costruzione nel quarto trimestre del 2015. E il settore sta assumendo e investendo pesantemente sulla formazione di migliaia di giovani provenienti dall’estero per mantenere i significativi incrementi degli ultimi due anni.
Anche la Federation of Master Builders è pronta a dare battaglia per avere garanzie che questo flusso di lavoratori qualificati non si interrompa perché l’edilizia inglese non se lo può permettere. Insomma, sembra proprio che manchino muratori, elettricisti, idraulici e tecnici di qualità autoctoni. E uscire dalla Ue potrebbe mettere in ginocchio il comparto. Le agenzie di rating come Fitch e Moody’s hanno ammonito la Gran Bretagna: l’uscita potrebbe comportare il rischio di un outlook negativo. Intanto, la sterlina è ai minimi degli ultimi sette anni dopo l’opposizione dei Tory ad accettare di rimanere in un’Unione europea riformata. Segno che la Brexit non fa paura solo ai costruttori.