Il legno è uno dei materiali per eccellenza della bio-edilizia, a patto che il suo sfruttamento segua criteri sostenibili. Risalire all’origine del processo produttivo permette di capire se i pannelli della nostra casa o delle pareti o del pavimento sono davvero realizzati secondo questi parametri.
Per esempio, ogni secondo nelle Alpi cresce poco più di 1 metro cubo di legno, le conifere sono presenti in rapporto di quattro a uno rispetto alle latifoglie e la superficie forestale potenzialmente utilizzabile è calcolata in circa l’80-90% del territorio complessivo. Insomma, si tratta di una delle regioni più ricche di boschi d’Europa con una gestione oculata del legname, tale per cui si stimano di circa 230 alberi per abitante. La posizione geografica fa sì che non debba essere trasportato per lunghe distanze senza dimenticare che il corretto abbattimento boschivo ha una funzione ricreativa e igienico-sanitaria e contrasta l’abbandono di intere zone che altrimenti diventerebbero trascurate e sommerse dai rovi.
Dal bosco alla segheria senza inquinare
Come per tanti altri prodotti agricoli, le aziende del settore si auspicano una scelta tutta italiana dei materiali e si chiedono perché mai utilizzare legno di abete rosso dalla Scandinavia o dalla Siberia per la costruzione di edifici, se i boschi locali gestiti in modo sostenibile ne possono mettere a disposizione in quantità e qualità sufficiente? Forse per un risparmio economico a scapito del benessere e della salvaguardia del nostro ambiente?
Alcune aziende, come la Fanti, hanno una filiera completa con legname a chilometro zero rigorosamente nato e lavorato in Trentino Alto Adige. Un’ottima qualità di legno, quella trentina, dalle fibre lignee più fitte, quindi con una resistenza meccanica maggiore, generata dalla crescita lenta del tronco tipica del ciclo vegetativo naturale ad altitudini medio-alte. Certificato Forest Stewardship Council (Fsc) e Pan European Forest Certification (Pefc).