Chi si aspetta la ripresa sui vecchi modelli del mercato sbaglia interpretazione. In uno scenario di incertezza si fanno comunque strada nuovi mercati e nuovi presupposti. Dobbiamo esserne consapevoli per non fare l’errore di sbagliare approcci e strategie
Una crisi lunga, mai così significativa nelle dimensioni, con riflessi imprenditoriali e occupazionali che mai si erano verificati dal dopoguerra. C’è chi dice che si è tornati al mercato dei primi anni ottanta del secolo scorso. E’ vero per le dimensioni del mercato e degli scambi, ma dobbiamo essere consapevoli che questa crisi modifica radicalmente e strutturalmente il mercato, nelle tipologie di offerta ma soprattutto nelle modalità operative. Siamo tornati a quelle dimensioni, ma non si tornerà a quelle modalità costruttive e operative. La crisi ha modificato tutto, strutturalmente, e oggi le imprese che vogliono guardare alla ripresa, alla crescita e alle nuove opportunità non possono rimanere solo confinate nel quadro nazionale, ma devono per forza guardare ai mercati esteri, alla competizione globale, alle opportunità di crescita che vi sono nel mondo. A livello mondiale infatti vi è stata, negli ultimi anni, una redistribuzione geografica del mercato delle costruzioni, con alcuni mercati in forte crescita (soprattutto l’Asia) e l’Europa in forte frenata. In sostanza il mercato delle costruzioni a livello mondiale segue le dinamiche del PIL dei diversi paesi, e in questo senso le aree più interessanti diventano oggi per forza di cose quelle a più elevata crescita. Asia dunque, ma non solo. Anche il Brasile e i nuovi paesi emergenti. Uno degli elementi di maggiore consapevolezza del modificarsi delle condizioni di equilibrio del mercato riguarda il fatto che, come evidenzia il Cresme, “se nel 2000 quasi l’80% degli investimenti in costruzioni mondiali si concentravano nei paesi di vecchia industrializzazione, oggi praticamente la metà riguardano attività edilizia localizzata nei paesi in via di sviluppo”. La ripresa dunque ci sarà e avverrà laddove vi è necessità di sviluppare l’edilizia e l’infrastrutturazione, ovvero nelle economie emergenti, trainate dalla crescita economica e produttiva, dall’espansione demografica e dalla crescita dei fenomeni di urbanizzazione, che non significa soltanto investimenti di tipo infrastrutturale, ma anche produzione di nuove case e di tutto cià che riguarda ambienti produttivi e servizi. In sostanza la ripresa è già possibile, oggi, per le imprese in grado di guardare all’estero, ai mercati emergenti, a chi è in grado di innovare e diversificare, soprattutto territorialmente, il proprio approccio al mercato. Infatti le imprese che lavorano nell’innovazione e sui mercati esteri dimostrano di essere competitive e di non risentire degli effetti della crisi. I dati delle analisi sui bilanci delle imprese elaborati dal Cresme e pubblicati da YouTrade confermano questa lettura e queste tendenze. E allora conviene essere consapevoli e iniziare a chiedersi se la dimensione d’impresa italiana è adatta ad affrontare le sfide che la globalizzazione impone. La risposta è del tutto evidente: in paerte e solo per chi spinge e ha investito in innovazione e capacità competitiva. La ripresa in Italia non ci sarà a breve. Le previsioni sul PIL per il 2013 evidenziano ancora una diminuzione superiore all’1%. Alcuni indicano addirittura -1,7%. Il mercato “è fermo”, si dice. Ma è fermo solo se si guarda in un campo di osservazione molto ristretto geograficamente. Se si guarda in un ambito allargato si evidenzia che la crescita economica c’è. Con un gioco di parole, la ripresa va presa laddove c’è. Ma per fare questo il nostro sistema imprenditoriale deve dotarsi di strumenti e strutture in grado di poter operare su quei mercati. Molte imprese italiane stanno lavorando all’estero e molte lo faranno a breve. Abbiamo imprese competitive, know how e qualità dei prodotti. L’Italia può esportare questi modelli e cogliere le opportunità. Ma a livello interno è evidente che il settore delle costruzioni è di fronte ad un gap in primo luogo informativo e conoscitivo. Sono ancora troppe le imprese che non hanno ancora colto la necessitò di riorientare la propria attività sui temi della sostenibilità, del recupero di qualità del patrimonio edificato, della rottamazione e dello sfruttamento strategico, ovvero non di convenienza, del sistema degli incentivi. Non bastanno gli incentivi sul fotovoltaico a generare imprese in grado di essere vere protagoniste in questo settore. Ci vuole know how, formazione, organizzazione, capitali. Chi si aspetta la ripresa sui vecchi modelli imprenditoriali e di offerta del mercato sbaglia interpretazione. Lo scenario internazionale offre opportunità, quello nazionale incertezza e instabilità. Le imprese devono essere consapevoli di questi cambiamenti, per non fare l’errore di sbagliare, in un momento cruciale per l’economia italiana, approcci e strategie.