Come sarà il 2015 per il settore delle costruzioni? La risposta, in assenza di fatti nuovi, è semplice: sarà simile al 2014. Ma con prospettive finalmente migliori. Innanzitutto il settore, che ha perso metà del suo business in cinque anni, beneficerà di un clima generale meno pessimista: Confindustria prevede che l’economia il prossimo anno tornerà a crescere, almeno di mezzo punto. A favore di una ripresa c’è anche il diminuito prezzo del petrolio, che darà un taglio alla bolletta di famiglie e imprese. Non è la cuccagna, ma è già meglio di nulla. Sono attesi anche dei passi in avanti per quanto riguarda i consumi. Un clima meno pessimista ridà fiducia alle famiglie, che saranno meno attente alle spese. Cioè rimetteranno in moto, con cautela s’intende, l’economia e il commercio.
E l’edilizia? Il mantra delle ristrutturazioni-riqualificazioni accompagnerà anche i prossimi 12 mesi. I bonus prorogati dal governo, con la legge di Stabilità, favoriranno ancora i lavori di sistemazione domestica, ora meno intralciati anche dalla burocrazia. Continuerà a soffrire, secondo le previsioni del Cresme, la costruzione di nuove abitazioni, così come di uffici e ambienti commerciali. C’è, però, la possibilità che il governo impegni nuove risorse per accelerare l’obiettivo 20-20-20, cioè rendere meno energivore le case entro il 2020, come stabilito in sede europea. Rimangono da spendere, inoltre, i quasi 2 miliardi per le opere di sicurezza antisismica annunciate nei mesi scorsi. Ma, purtroppo, queste prospettive saranno condizionate da molti fattori che non dipendono dal governo italiano.
Perché il lento, ma progressivo miglioramento si avveri, infatti, è necessario schivare le mine sulla rotta dell’Italia. La prima è una mina politica: l’elezione del presidente della Repubblica. In una maggioranza e in un’opposizione che sono già ostaggio delle polemiche interne ai rispettivi partiti, un accordo per eleggere il prossimo capo dello Stato non sarà semplice e rischia di innescare nuove fratture nel governo. A questo si aggiunge la congenita litigiosità e il protagonismo di leader e leaderini dei diversi schieramenti, inclini a non accettare un ruolo di comprimari a costo di far franare il governo per andare a nuove elezioni: una sciagura per i conti pubblici e per le imprese. La seconda mina è economica: il budget dell’Italia è stato accettato da Bruxelles a patto che le previsioni di incassi e di risparmi di spesa prospettati risultino poi veritieri. Se no scattano le cosiddette clausole di salvaguardia: dato che parte della legge di Stabilità è stata scritta sul presupposto che i conti tornino a determinate condizioni (per esempio, non sono state aumentate le imposte sugli immobili, come era previsto dalle precedenti manovre), sarà necessario che a marzo, quando è prevista la verifica da parte dell’Unione Europea, tutto fili liscio. In caso contrario, ci aspettano aumenti di Iva e di tasse in ordine sparso. Non proprio un viatico per l’economia, che rischierebbe così la stessa involuzione del 2014.
Infine, non sono da sottovalutare le mine che galleggiano ai confini dell’Italia. In primo luogo, le elezioni in diversi Paesi europei, a cominciare dalla Grecia. Se vincerà Tsipras, la Grecia chiederà di cancellare con un colpo di spugna parte dei suoi debiti (all’80% sono all’estero sotto forma di titoli di Stato). Nella migliore delle ipotesi, potrebbe insistere per una nuova scadenza, cioè un rimborso molto posticipato. Se questo accadrà, potremmo rivedere i sorci verdi come nel 2011, dato che crollerà la fiducia degli investitori nei mercati con alto tasso di indebitamento, come l’Italia (che nel 2015 deve rinnovare oltre 250 miliardi di debito con Bot e Btp). Come se non bastasse, ci sono anche altre pessime incognite: la Gran Bretagna andrà a elezioni, e una pesante sconfitta di David Cameron potrebbe indurre il Regno Unito ad aprire una procedura per uscire dall’Unione Europea. La stessa Ue rischierebbe così l’implosione. L’Abenomics in Giappone, fatta di imponenti iniezioni di liquidità, potrebbe accendere una febbre da cavallo nell’economia, con una inflazione destabilizzante al 5% (lo paventa Saxo Bank), la Russia potrebbe finire di nuovo in default, sconvolgendo le esportazioni di molte aziende italiane, la Cina potrebbe ricorrere a una maxi svalutazione dello yuan per tornare ai livelli di crescita a due cifre, dopo il relativo rallentamento del 2014. E poi… Come dice Luciana Littizzetto, «la sfiga è come l’idraulico. Sembra non arrivare ma prima o poi suona alla porta».
Ma per fortuna queste sono mine vaganti, non previsioni. E il 2015 potrebbe non avere trappole nascoste e riservare, invece, piacevoli sorprese. Sarà l’anno giusto per svoltare? Ricorriamo a un’altra citazione: «Io non so se l’erba campa e il cavallo cresce, ma bisogna avere fiducia». Lo ripeteva Totò, come non credergli?