Paglia, argilla, grano, erba o altri materiali organici, quando vengono mischiati a leganti innovativi potrebbero offrire una maggiore efficienza energetica e comfort abitativo, rispetto ai materiali dei tradizionali pannelli isolanti. È quello che sta cercando di dimostrare il progetto Isobio, sostenuto dal programma dell’Unione europea Horizon 2020, nell’ambito della categoria Materiali per involucri edilizi. La ricerca sui bioaggregati, coordinata dal professor Alan Taylor del The Welding Institute (Twi) di Cambridge con un partner di sei Paesi diversi, si propone di sviluppare materiali da costruzione realizzati con il 50% in meno di energia e Co2 e il 20 % in più di efficienza termica rispetto ai prodotti provenienti da linee industriali della filiera petrolchimica o da impianti energivori, o che al termine del loro ciclo di vita devono essere smaltiti in discariche specializzate con un elevato costo ambientale. Un altro obiettivo è la riduzione di almeno il 15% dei costi totali e del 5% dell’energia totale consumata durante il ciclo di vita di un edificio. Diverse fide per risolvere un annoso trilemma: garantire la certezza di approvvigionamento delle materie prime, realizzare prodotti con un vero vantaggio competitivo e ridurre le emissioni.
Il primo passo è stato identificare i materiali organici più promettenti per l’isolamento e spesso si tratta di scarti o prodotti secondari dell’industria alimentare. In ogni caso i bioaggregati sono il risultato dell’unione di materiali organici e inorganici perché complementari. Per esempio canapa e paglia hanno proprietà isolanti, e se trattati con resine igrotermiche e gel a nano-particelle diventano solidi, traspiranti, resistenti all’umidità e ignifughi. Mescolarli però non è sempre facile: la canapa si lavora con la malta di calce ma l’incompatibilità chimica potrebbe compromettere la resistenza del composto e i ricercatori usano la nano-tecnologia per migliorarne le proprietà meccaniche e strutturali. La scoperta interessante non è solo l’incremento di efficienza ma le nuove potenziali caratteristiche: il canapulo, la parte centrale dello stelo della canapa, ha una struttura porosa che attenua l’umidità e la mantiene a un livello più costante.
Ma c’è un altro aspetto spesso sottovalutato: negli edifici sigillati quasi ermeticamente senza spifferi le persone possono sentirsi a disagio. E anche se i nuovi materiali compositi assicurano un maggior comfort, devono essere solidi quanto i supporti tradizionali. Così, per rendere i bioaggregati a base di canapa impermeabili si stanno usando trattamenti idrofobici. Il risultato è che il vapore acqueo ma non l’acqua allo stato liquido lo può attraversare. Rimane poi una delle questioni fondamentali: la compatibilità di questi nuovi materiali con i processi produttivi esistenti, che verrà verificata con una serie di prototipi dimostrativi su scala industriale. Nonostante le difficoltà, il mercato per i materiali compositi di Isobio è promettente assicura Taylor perché sotto il profilo logistico, l’uso di materiali organici locali aiuta a ridurre i costi di trasporto, mentre l’impiego di scarti o sotto prodotti aiuta a controllare il prezzo di vendita. Dal punto di vista della domanda, la scarsità di alloggi, soprattutto a un prezzo accessibile renderà indispensabile trovare nuovi metodi di costruzione e un nuovo tipo di progettazione che renda l’intero processo più rapido ed economico.