Avete presente i concorsi di architettura per le grandi opere? Lo stesso modello, o quasi, lo applica in piccolo la piattaforma digitale Cocontest. In pratica mette in contatto i privati cittadini desiderosi di rinnovare l’appartamento o di realizzare ex novo degli ambienti per un’attività commerciale, con professionisti da ogni parte del mondo, tra architetti, interior decorator e tecnici. Funziona così: chi ha la necessità, per esempio, di rifare una stanza può indire una gara fissando un prezzo per il progetto e aspettare che qualcuno dei 2 mila iscritti alla piattaforma gli sottoponga anche solo uno schizzo ( di solito a cimentarsi nella prova sono in media in 10). L’idea ha ovviamente scatenato l’entusiasmo dei commentatori ossessionati dalle start up, ma anche un’aspra ostilità delle varie categorie di settore, dell’ordine degli Architetti e Ingegneri e della stessa Inarcassa. In effetti, i pro e i contro non mancano: è vero da parte si crea una vera e propria rivoluzione nell’architettura d’interni che porta una maggiore facilità di accesso a idee nuove e di conseguenza anche a una più vasta possibilità di scelta, ma non è detto che questo rinnovamento, è il caso di dirlo, in rete dei liberi professionisti, sia foriero solo di benefici. C’è la questione delle tariffe, i primi ingaggi su Cocontest registrano cifre che si aggirano tra i 50 e i 500 euro, e su questo le categorie hanno addirittura avviato un’audizione parlamentare paventando il deprezzamento delle prestazioni. Il rischio c’è, ma non è l’unico: se un progetto è mal congeniato con misure errate o soluzioni non praticabili nella realtà, come si tutela il committente? E ancora, di solito l’architetto o il geometra oltre a proporre una tavola tecnica indica anche i materiali da usare o le imprese a cui affidare il lavoro; che succede se il designer risiede dall’altra parte del globo? Il risultato è che c’è chi invoca un sistema di garanzie e di codici deontologici o chi all’opposto afferma che significherebbe mettere dei paletti all’innovazione. Dove sta la ragione? Meglio lasciare fare al mercato e quindi ai clienti che se non tutelati possono sempre decidere di rivolgersi ai canali tradizionali oppure al legislatore? In attesa che si dirimi la questione, forse per le imprese e i produttori potrebbe anche rappresentare un risorsa commerciale in più, un luogo dove proporre i propri servizi e fare new business. Monica Battistoni